Il carattere proprio di questo mondo manzoniano è l'esaltazione lirica, ciò che gli antichi cristiani chiamavano «estasi» e i moderni dicono «intimità», - cioè lo stare nel corpo eppure vivere fuori di esso, il sentire in sé l'anticipazione del mondo futuro, il contemplare non quello che è intorno a noi, ma quello che noi desideriamo. Così si ha da una parte l’«eroico», dall'altra il «lirico», in questo mondo poetico.
Finché Manzoni ha innanzi la storia divina, finché il suo eroe è Gesù Cristo, la sua eroina Maria, la cosa va. È una storia divina, in cui è rappresentato quel mondo divino. Ma il grande problema di Manzoni è realizzare quell'ideale nella storia umana.
Quando vuol rendere dramma o romanzo il suo mondo epico-lirico, gli si presenta un altro mondo diverso, il «vero storico», come egli lo chiama. Che farà Manzoni per realizzarlo artisticamente? Entreremo nel positivo e vi mescoleremo l'ideale? Questo per lui sarebbe un violare e profanare il positivo, e rimprovera appunto ad Alfieri l'aver gettato principii politici, filosofici, sociali nella storia, il non aver rispettato il reale, essersene servito come semplice materiale in cui ha gettato la sua fantasia.
Grande difficoltà nasce qui nella poetica di Manzoni. Egli ha grande rispetto pel positivo, ed ha nell'anima il mondo ideale, morale e religioso. Come mai questo ideale potrà essere realizzato? Come può farsi senza adulterare la verità positiva?
Manzoni comincia dal determinare che il mondo positivo caccia da sé l'ideale, non appartiene all'arte, ma alla storia.
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