Botta, per esempio, mette in bocca ai personaggi certi discorsi da lui immaginati. Che è questo? È falsificare la storia. Lo storico deve mettere in bocca ai personaggi solo quelle parole che i documenti dimostrano aver essi pronunziate, attribuir loro precisamente quelle idee che sono registrate nelle cronache, non attribuire ai personaggi azioni che non sono del pari registrate nelle cronache. Or ciò, dice Manzoni, è il positivo, ma non tutto il positivo, e perciò certi storici sono stati obbligati a far la rettorica, hanno aggiunto qualche cosa ai personaggi.
Questa lacuna, secondo lui, la riempie l'arte. Questa che, introdotta nella storia, la falsifica, è istrumento potente quando coi mezzi suoi giunge ad illuminarla. Il campo dell'arte è il possibile e il probabile, il campo della storia è l'avvenuto. Ma il poeta può, mercé l'immaginazione, procedendo per via d'induzione, dare ai personaggi parole, pensieri, sentimenti, se non reali, probabili, che risultino da tutto il complesso dei fatti. Il poeta così può colmare i vuoti della storia, darvela reintegrata.
Questa teoria è tutta nuova, originale; ma evidentemente storta. E ne segue che quando Manzoni concepisce la tragedia o il romanzo, il suo problema non è di servirsi della storia come materiale in aiuto dell'arte; ma dell'arte per dare il positivo completo, senza lacune.
Per esempio, pigliamo il Conte di Carmagnola. Il fine di Manzoni è la riabilitazione di Carmagnola, la quale non risulta dalle cronache: egli, nel suo discorso storico, dice che le opinioni sono divise.
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