Tra quelli che lasciarono Milano fu il Sismondi, che si ritirò nella sua patria, Ginevra. Romantico come Manzoni, anch'egli scriveva nel Conciliatore e sosteneva le stesse dottrine. A Ginevra portò l'amore dell'Italia, la quale gli deve essere sempre grata. Colà scrisse la Storia delle repubbliche italiane, di cui vi dirò brevemente lo scopo. Egli volle dimostrare due cose. Anzitutto, che le istituzioni politiche non sono indifferenti nel formare il carattere d'una nazione, come i romantici allora pretendevano; e che se l'Italia ebbe tanta gloria e prosperità nel Medio Evo, ciò si deve alle istituzioni politiche che allora essa aveva, alla libertà; e che, se vi furono paesi che non godettero di eguale prosperità e grandezza, per esempio il regno di Napoli, ciò fu pel difetto di quelle istituzioni politiche.
Inoltre, quando Sismondi finisce la sua storia, quando ha già ritratto un popolo così grande per prove di guerra e di pace, per commerci e industrie, per artisti e pensatori, e guardando intorno a sé, vede questo stesso popolo così diverso, servile, ipocrita, abbassato, si domanda: - Come dunque gl'Italiani in due o tre secoli han mutato così profondamente il loro carattere? Perché sono caduti sì basso? - . A questa questione consacrò l'ultimo capitolo, che fece allora la più profonda impressione nel popolo italiano.
Le istituzioni politiche entrano in gran parte a spiegare la decadenza; ma la cagione più diretta è per lui il cattolicismo come è interpretato dai «casisti». I casisti sono, quando si parla della religione cattolica, quello che in filosofia i «sofisti».
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