Il cattolicismo mette come ideale il celibato, la verginità; perciò il monaco, la monaca, il ministro di Dio hanno l'obbligo di sciogliersi da ogni legame di famiglia, e non solo essere continenti, ma astinenti. Ciò è qualche cosa d'innaturale che finisce col condurre l'uomo a più gravi eccessi, depravando dapprima l'immaginazione.
Andiamo innanzi. La modestia è la più amabile delle virtù. E che cosa è la modestia? È la stima di se stesso moderata, sicché noi non usurpiamo il posto altrui, non ostentiamo il nostro merito. Meno un uomo è grande, più fa ostentazione di grandezza; la fisonomia del grand'uomo è la modestia. L'uomo modesto è l'uomo vero e semplice, senza abbassamento e senza ostentazione di sorta. Che cosa ha fatto di questa virtù la morale ascetica? Ne ha fatto l'umiltà: ha fatto dell'umiliazione un ideale di perfezione, come dell'astinenza un ideale poetico religioso. L'umiltà è la nessuna stima, il disprezzo di sé, il sentirsi al disotto degli altri, perché tutto quello che per avventura può essere merito nell'uomo, non è merito suo, egli deve riferirlo a Dio, deve abbassarsi quanto più si può innanzi agli altri. La modestia esagerata diviene dunque umiltà; ma è proprio dell'uomo l'avere la testa in alto, mirare il cielo. Con quella dottrina l'uomo è contraffatto, porta la testa china, la spina dorsale s'incurva. Il mettersi in ginocchio, il raccogliere la polvere della terra per penitenza, tutto ciò che uccide in noi la coscienza della dignità, è merito innanzi a quella morale ascetica.
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Dio Dio
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