Ora ho una brevissima osservazione a fare.
Manzoni e Sismondi sono perfettamente di accordo.
Come Sismondi concepisce la virtù, così la concepisce Manzoni; come quegli rappresenta gli abusi della morale cattolica, così li rappresenta Manzoni. Dov'è la differenza tra i due libri? Sismondi, essendo storico, dice: - Io non devo occuparmi della morale cattolica da filosofo e da teologo, non voglio indagare che cosa è in se stessa. La prendo in flagrante, qual'è in fatto, la prendo nello stato della sua depravazione - . Manzoni risponde: - Ebbene, sia! avete esposti gli abusi che ci sono e non ho da entrarci; ma come filosofo, mettendomi da un punto di vista più alto, dico che la morale cattolica veduta non dal punto di vista degli scettici o dei casisti, ma da quello della ragione, dico che essa è conforme alla morale naturale - . Quindi la sobrietà, la continenza, la modestia e le altre virtù da Manzoni sono mantenute, non in nome della religione cattolica, ma, tal quale come da Sismondi, in nome della ragione.
Uno dice: - Prendiamo il mondo qual è - ; l'altro dice: - Prendiamolo quale dovrebbe essere secondo la religione nella sua origine, non ancora profanata, depravata - . Raggiungono due scopi diversi ed entrambi utili. Manzoni rigetta l'ascetismo e il misticismo, le esagerazioni di cui ha parlato il Sismondi: per lui lo stato matrimoniale è stato di perfezione; vuol dimostrare che le astinenze e i digiuni concepiti senza l'esagerazione mistica sono la sobrietà; vuol mettere di accordo la morale religiosa, concepita nella sua origine e purezza, colla morale quale la dà la filosofia, il diritto naturale.
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