Il poeta rappresenta i Cappuccini in vari compagni del padre Cristoforo; ma la sua creazione capolavoro è il padre Cristoforo. Questo cappuccino che, conoscendo Lucia, sente i malanni cui ella si trova esposta, e come i cavalieri erranti dei tempi antichi, diviene cavaliere errante di Cristo, consacra la sua volontà, le sue forze, la sua vita a difendere Lucia contro don Rodrigo, è un bello ideale.
Questo padre Cristoforo un po' troppo accarezzato, come Lucia, esce anche un po' troppo dalla vita reale. È la religione cristiana spinta alla più alta cima della sua poesia. Come temperare quell'ideale per farci sentire il mondo positivo del secolo XVII? Dirimpetto al magnanimo frate, comparisce l'ombra piccina e timida del curato che già conoscete, l'ombra di don Abbondio.
Don Abbondio ha gli stessi principii religiosi e morali del padre Cristoforo, è credente. Che cosa l'ha renduto una figura così comica? È il contrasto col mondo positivo, la sua inettitudine a sostenere le lotte. Come Renzo ha un lato comico perché crede colla forza spezzare gli ostacoli, e non comprende la vita, don Abbondio è il suo contro-ideale comico, perché è un parroco che conosce la vita: per lui don Rodrigo è potente come un Iddio, egli è avvezzo a tremare dei bravi. Credendosi uomo di grande prudenza, un gran politico, avvezzo a misurare fino a qual punto deve arrischiare la pelle, è disposto ad insegnare a Renzo e ad Agnese il modo di vivere. Ciò che di troppo elevato e sublime è nel cappuccino, viene modificato al contatto del positivo in don Abbondio: così vedete da una parte il clero nella sua idealità, dall'altra il clero qual era in quei tempi.
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