Citerò due grandi poeti italiani. Dante non solo voleva formare il mondo artistico dell'Inferno, Purgatorio e Paradiso, ma gittarvi dentro tutta la sua teologia e filosofia. C'è un mondo intenzionale che penetra in quelle forme artistiche e spesso le vizia e guasta, per cui trovate nella parte interna la sentenza, il sillogismo, la forma scolastica che intralcia ed oscura l'arte; ed all'esterno un'altra maledizione, la forma simbolica che inviluppa l'immagine e fa pensare a sensi reconditi a cui l'immaginazione non può giungere. In Dante questa parte difettosa è maggiore che in Manzoni; là il mondo intenzionale penetra dappertutto, qui solo come appendici, e tagliando queste, il mondo artistico rimane salvo.
Un altro esempio. Ci fu un gran poeta che ebbe le stesse intenzioni di Manzoni e si trovò quasi nelle medesime condizioni. Torquato Tasso fu il poeta della reazione del Concilio di Trento dopo il gran movimento del Rinascimento, come Manzoni è il poeta della reazione del secolo XIX contro la Rivoluzione francese e il secolo XVIII. Entrambi hanno avuto come fondamento della poesia la restituzione del mondo cattolico nella sua integrità, han voluto tutti e due resistere al fantastico illimitato dei tempi precedenti con un mondo positivo. Dirimpetto allo sfrenato mondo ariostesco, pone Tasso un mondo storico, le Crociate; contro gli slanci politici di Alfieri e degli altri del secolo XVIII, pone Manzoni la serietà di un mondo positivo. Quale è la differenza?
Tasso, volendo creare un mondo positivo religioso dirimpetto al cavalleresco dell'Ariosto, produce un mondo cavalleresco e idillico.
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