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      Manzoni dunque deve dire che la colpa non è del genere, ma sua: felice colpa, perché nonostante tutte quelle appendici al romanzo, come Dante, Tasso e tutt'i grandi artisti, ha raggiunto uno scopo diverso da quello propostosi, e che deve piacere più che il ritrarre semplicemente un'epoca storica.
      Ma credete che quel mondo intenzionale sia proprio inutile a Manzoni? Dante l'ha avuto, l'hanno avuto Tasso, Milton; c'è un mondo intenzionale nel Faust di Goethe, il quale si ficca dappertutto, specialmente nella seconda parte e la rende così pesante. Quel mondo uccide l'artista pedante e mediocre che finisce col magro, con l'arido. Il Rosini, eccellente uomo, ma privo del senso dell'arte, s'è innamorato della Gertrude di Manzoni, e ne ha fatto la Monaca di Monza. Tutti e due hanno le stesse intenzioni. Manzoni non è riuscito perché artista, Rosini è riuscito mediocremente a darci le opinioni, i costumi di quel tempo, perché non è artista e il suo libro non è né storia né arte.
      Ma quando questo mondo intenzionale si affaccia all'artista, che cosa è, anche se si mette traverso l'arte e la guasta? Dietro l'artista c'è l'uomo, l'artista non è solo colui che produce delle forme, è un uomo compiuto, ha le sue opinioni politiche, morali, religiose, le sue passioni, come Dante; e tutto questo complesso, volere o non volere, deve penetrare nell'arte, e più si move, più si rivela l'artista. Sicché se il mondo intenzionale preso da Manzoni nella sua serietà ha prodotto qualche difetto ne' Promessi Sposi, rallegriamoci pure.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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