Sì, Manzoni ha una seconda impressione, è in istato di riflessione; non si contenta di rappresentare i personaggi, li spiega, come fa per esempio di don Abbondio. È critico prima di essere artista, ed è perciò intrinsecamente poeta moderno. La rappresentazione obbiettiva del suo mondo è penetrata dall'intelligenza di esso; c'è una potenza straordinaria di analisi. Egli non prende un carattere che prima non l'abbia veduto come critico sotto tutte le sue facce, e la vivacità della rappresentazione viene dal profondo sguardo di analisi, tradotto plasticamente con gran potenza: analizzando egli crea.
Ricapitolando: Manzoni ha un sentimento ironico del suo mondo, che produce una misura del suo ideale, la quale ha per risultato una rappresentazione analitica e plastica.
[Nel Pungolo, 3-4 maggio 1872].
Lezione XII
[LA FORMA DEI «PROMESSI SPOSI»]
La posizione di Manzoni dirimpetto alla sua concezione, l'abbiam veduta. Egli non è né il poeta dell'entusiasmo, né il poeta della disillusione: l'ideale che si presenta innanzi a lui, non è l'ideale non ancora provato nelle contraddizioni della vita e perciò capace di destare le più grandi illusioni; né l'ideale di fresco calato nella vita, profanato da essa e capace di destare i più grandi disinganni. Anzi dirimpetto a quella contraddizione egli non sente maraviglia, e cerca di comprenderla, e quindi il suo sguardo è accompagnato da quel risolino, proprio di Manzoni, che significa: io ti conosco.
Fissato questo carattere ironico della forma manzoniana, se ne cava una prima tendenza nel suo lavoro di formazione.
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