Don Abbondio si ferma macchinalmente, e poi riapre l'ufficio tranquillamente. Quello spettacolo non produce in lui nessuna impressione.
Ora voi non sapete come vesta, che faccia abbia, ma l'avete tutto innanzi, e non mediante riflessioni, ma con particolari plastici, e certi atti che per lo più non si notano e Manzoni ha presi dal vero e messi in rilievo, atti caratteristici che rappresentano tutto l'interno d'un personaggio.
Questo aver messo in ridicolo un prete spiacque ai divoti, ed anche Manzoni più tardi c'ebbe scrupolo. Pur di qua è uscito il suo personaggio più popolare.
[Nel Pungolo. 10-11 maggio 1872]
Lezione XIII
[LA FORMA DEI «PROMESSI SPOSI» - DON ABBONDIO]
Siamo giunti ormai al più alto punto della formazione artistica, quello che si dice «genio» o «genialità». È cosa tanto elevata, così inerente al fenomeno oscuro della vita artistica - perché come nella vita reale il fenomeno oscuro è appunto essa, la vita, così anche l'estetica ha la vita oscura, che la scienza dovrà indagare - , che sul principio coloro i quali hanno osservato il fenomeno, l'hanno fatto derivare da qualche ragione miracolosa, chiamandolo «ispirazione», attribuendolo, per esempio, agli dei: «est deus in nobis, alitante calescimus illo»; ad una forza esteriore che ci mette nell'accensione propria del profeta, dell'oracolo, del poeta.
È il solito e facile metodo di spiegare i fatti quando la scienza non è ancora adulta. Io vi mostrai in che veramente consista questo fenomeno, a cui si dà il nome che gli antichi aveano messo a certi esseri intermedii tra gli dei e gli uomini, che aleggiavano tra il cielo e la terra, i genii.
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