Né solo Manzoni si stacca dal suo mondo, ma di quando in quando, mentre i personaggi operano, egli guarda agli spettatori e si mette in comunicazione con essi. Ricordate allorché don Abbondio, avuta la minaccia da' bravi, se ne va con le gambe ingranchite; allora Manzoni si volge, come dice graziosamente, ai suoi venticinque lettori, ed aggiunge: - Mentre egli cammina, noi fermiamoci e vediamo chi è don Abbondio - . Questo volgersi agli spettatori crea quella temperatura media di cui l'Italia non ha altro esempio dopo l'Ariosto, se non nei Promessi Sposi.
Eccovi un altro tratto. Supponete che in una piccola città sieno di guarnigione soldati che non avendo che fare si mettano a inquietare le giovanette, vadano nei campi a devastarli per divertirsi, e in autunno per cogliere le uve. Considerando questi fatti nel mondo reale, in una data città, sono orribili. Una famiglia, in cui un soldato si permettesse quelle cose, uscirebbe dai gangheri; un povero contadino che dopo aver tanto lavorato nella sua vigna vedesse i soldati guastarla, che furore sentirebbe! Se l'autore volesse rappresentare questi fatti colle impressioni contemporanee, si metterebbe egli all'unisono col mondo degli spettatori e dei lettori, o in dissonanza? Il fatto in astratto è doloroso. Ma sventuratamente nel mondo avvengono fatti che, se per la prima volta destano l'indignazione, ripetuti, a lungo andare, diventano ordinarii e fin ci si vive. Così è di questo. Volendo rappresentarlo secondo la prima impressione, sarebbe mettersi in contraddizione coi lettori.
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