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      La nobiltà anch'essa, quando non fu più degna del suo nome, e vana solo dei «magnanimi lombi», ebbe il suo poeta che fu pure un prete, Parini. Questo è il grande comico sociale, e quando avrò aggiunto il Tartufo di Molière che Gigli riprodusse, vi avrò indicato tutto il cammino del comico. Dopo il Concilio di Trento, dunque, il comico cambiò interamente, e si riversò sulla borghesia intelligente che fino allora s'era divertita a spese della plebe e del clero, e quella che metteva in caricatura diventa materia di caricatura, perché istruita ma senza forza dirimpetto alla nobiltà, al clero, alla monarchia assoluta. Se volete vedere il codice di questa nuova borghesia, in cui il carattere italiano è in decadenza, costretta a fare ciò che non pensa, iniziando l'ipocrisia italiana di cui non interamente sono sbarbicate le radici perché da tre secoli ne portiamo il peso: questo codice si trova nei Ricordi di Guicciardini, il quale ha elevato ad arte di saper vivere tutte le abbiezioni che oggi, dopo il nostro Risorgimento, ci muovono ad indignazione. E qual'è la formola del Guicciardini? Stare col più forte, navigare in modo che tu non ti trovi mai dal lato del debole! Non è più ragione e diritto, ma forza e debolezza: la forza in una classe una volta derisa, la debolezza in una classe più istruita; per cui nasce anche la coscienza della debolezza. Ciò ha pervertito il carattere italiano e l'ha reso comico. Nessuno in Italia lo avea rappresentato, ed ora già vedete la grande importanza che acquista don Abbondio.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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