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      Questo è il motivo comico che suole aversi in simili casi: il forte parla come chi ha ragione, il debole come chi ha torto!
      Vedete come subito comparisce questo motivo. Il bravo si avanza e dice: - «Ella ha intenzione di sposare domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella?»-. L'autore rappresenta il bravo «col piglio minaccioso ed iracondo di chi coglie un suo inferiore su l'intraprendere una ribalderia». Questo «piglio» vi dà la parte plastica, l'accento che comenta le parole del bravo. Don Abbondio, l'uomo timido, avvezzo ad ubbidire alla forza, e che subito se ne fa imporre, don Abbondio risponde «con voce tremola»: - «Cioè... Cioè...» - . Questo tratto vi dipinge subito l'uomo, e già voi comprendete quel che deve venire dopo e tutto lo sviluppo di questo carattere.
     
      [Nel Pungolo, 18-19 maggio 1872].
     
     
     
      Lezione XIV
     
      [DON ABBONDIO]
     
      Lasciammo don Abbondio in un momento interessante della sua vita, e se mal non mi ricordo, rimanemmo alle parole «Cioè, cioè...».
      Che cosa è questo «cioè»? È l'uomo che si mette subito nella posizione di chi ha il torto, perché avvezzo a tremare dinnanzi al più forte, il quale piglia l'aria di superiore mentre egli piglia l'aria d'inferiore; quello ha il «piglio minaccioso ed iracondo», ed egli risponde «con voce tremola»: quello ha il tono di accusatore ed egli si scusa; quello considera il voler fare il matrimonio di Renzo e Lucia come una colpa, ed egli dice: - «Fanno i loro piastricci fra loro, e poi... poi, vengono da noi come s'andrebbe ad un banco a riscuotere» - . Don Abbondio dunque è già in quella posizione.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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