Signor curato, l'illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce caramente» - . Vedete come tutto questo è condotto dai due manigoldi.
Il nome di don Rodrigo è come un lampo «nel forte d'un temporale notturno, ...che illumina momentaneamente... gli oggetti, e cresce il terrore»: don Abbondio riacquista la parola per dire: - «Se mi sapessero suggerire...» - .
E fin qui notate come da una parte stanno le impressioni violente, e dall'altra don Abbondio col suo «cioè».
In quella frase: «Se mi sapessero suggerire...», c'è un'idea sottintesa; ma la quistione è ora di sapere come sotto quella pressione esce l'ultima forma di comico.
- «Oh! suggerire a lei che sa di latino!», - dice il bravo.
Qui comincia un'altra manifestazione delle impressioni esterne, ch'è la «beffa». E se la beffa è qualche cosa di più crudele per l'uomo coraggioso, per un uomo che ha paura è invece incoraggiamento, perché quando l'uomo forte sorride, il debole crede di avere più sicurezza nel parlare.
E guardate come il bravo nel ridere a quel modo corregge la frase, perché sente che don Abbondio potrebbe articolare qualche cosa, ed in mezzo al riso lampeggia la minaccia e la ferocia; e l'autore dipinge con due parole questa situazione, dicendo: «interruppe ancora il bravo, con un riso tra lo sguaiato e il feroce». E poi continua: - «A lei tocca. E sopra tutto non si lasci uscir parola su questo avviso che le abbiam dato per suo bene: altrimenti.. ehm.. sarebbe lo stesso che fare quel tal matrimonio» - .
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