Coloro che hanno subìto la pressione violenta della paura hanno bisogno di sfogare; voi trovate però la stizza in don Abbondio, il quale ha subìto una pressione di quella fatta, ed ora sente il bisogno di cacciare tutto il fiele che ha in corpo: la stizza è come la valvola di sicurezza dell'uomo pauroso, senza di che scoppierebbe.
E vedete con quale gradazione si va mostrando la reazione nel povero curato.
Quando i bravi se ne sono andati e don Abbondio si avvia per la sua strada, se fosse stato un uomo di polso, avrebbe cercato di trovare un partito, ma in lui l'intelligenza e la riflessione sono oscurate, e ci è solo l'immaginazione piena tuttavia delle impressione avute; e notate come bellamente il Manzoni vi esprime questo momento quando dice:
Lo spavento di quei visacci e di quelle parolacce, la minaccia d'un signore noto per non minacciare invano, un sistema di quieto vivere che era costato tanti anni di studio e di pazienza, sconcertato in un punto, e un passo stretto, scabroso da attraversare, un passo del quale non si vedeva la uscita: tutti questi pensieri ronzavano tumultuariamente nel capo basso di don Abbondio.
Ma dopo che la sua immaginazione fu calmata, incomincia la stizza, e questa si rivolta, credete voi contro di se stesso, accusandosi di vigliaccheria, come avrebbe fatto l'uomo di qualche coraggio? Niente affatto; essa si rivolta contro Renzo e Lucia, e non contro don Rodrigo ed i suoi bravi, ed esce a dire: - «Ragazzacci, che per non saper che fare s'innamorano, vogliono maritarsi, e non pensano ad altro, non si fanno carico dei travagli in che pongono un povero galantuomo» - . Tutto ciò fa un effetto comico irresistibile, e poi continua: - «Oh povero me! vedete se quelle due figuracce dovevano proprio piantarsi sul mio cammino, e pigliarla con me!
| |
Abbondio Abbondio Manzoni Abbondio Renzo Lucia Rodrigo
|