Si vede che Manzoni ha vista quella figura prima di descriverla. Or quando viene il momento della sorpresa, vi è una frase che va esaminata. Quando Renzo dice: - «Signor curato, in presenza di questi testimonii, quest'è mia moglie» - , e Lucia sta per dire: - «E questo...» - , l'autore dice: «Don Abbondio intravvide, vide, si spaventò, si stupì, s'infuriò, pensò, prese una risoluzione». Tutto questo è ben rapido ed accenna alle impressioni interne che avevano luogo in don Abbondio. Quando voi sorprendete un uomo, certamente le impressioni interne non pigliano forma di pensieri, né si rivelano che sulla faccia. Se don Abbondio parlasse lui e dicesse: - Vidi, mi stupii, mi spaventai, ecc. - , tutto ciò sarebbe sciocco, perché egli non ha avuto il tempo di pensare, innanzi a lui non v'è altro che l'azione. Ma qui è l'autore che parla e fa da critico, ed il Manzoni è critico a modo suo, e cerca di vedere le impressioni che si succedono nell'animo di don Abbondio. E quando l'autore fa il critico, allora al critico resta di andare più indietro e vedere da che sono prodotti que' sentimenti, quelle impressioni che l'autore ha notate. Don Abbondio dunque vide e si spaventò, ma nel sentire Renzo che dice: - «Signor curato, in presenza di questi testimonii, quest'è mia moglie» - , s'infuria, e quell'infuriarsi è il dire: - Per Dio! ed i bravi! e don Rodrigo! - . Ma se tutto questo finisse qui, il matrimonio si sarebbe fatto; ma è appunto questo pensiero che il matrimonio si faceva, e tutto ciò che la paura gli suggeriva di terribili conseguenze, che gli fa montare il sangue alla testa.
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