Don Rodrigo non è solo: egli fa parte di una classe, nella quale c'è una scala; per esempio, accanto a don Rodrigo, nobile tirannello di un piccolo paese, voi vedete Attilio che è il nobile di una gran città, uomo corrotto, uso alla vita rumorosa, e che quando va a visitare il cugino, lo guarda con un'aria di protezione; uomo che ha di caratteristico nella fisonomia la beffa. Più innanzi trovate il Conte zio, ch'è il nobile in mezzo agli affari, che conosce gli uomini, e vede le cose non da un punto di vista provinciale, ma politico. Egli è scolpito nella scena col padre Provinciale de' Cappuccini, quando lo indusse ad allontanare il padre Cristoforo da Pescarenico: e lì in quel dialogo, tutto quello che è avvenuto tra don Rodrigo e Lucia, nel cervello di que' superiori, altro non è che un pettegolezzo, e sapete che il padre Provinciale cede per certe tali concessioni da farsi ai padri. Sono questi scalini superiori a don Rodrigo, piccolo nobile di un piccolo paese; e poiché a Manzoni piace intrattenersi su' caratteri spontanei, sono persone schizzate appena ma fissate, perché Manzoni è l'artista che noi conosciamo.
Il personaggio più importante di quella classe è don Rodrigo, e notate anche questa predilezione del Manzoni a preferenza del nobile di città. Egli è personaggio ignorante, superbo, impetuoso, che partecipa della corruzione della nobile plebe rimasta in città; egli è il nobile di villaggio, là nato, là educato, là cresciuto. Pigliate uno scrittore del secolo XVIII: egli farebbe di don Rodrigo un Nerone, vedendolo da un punto di vista soltanto, dal lato delle sue ribalderie; al contrario don Rodrigo del Manzoni offre una contraddizione.
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