Qual è il secreto di questo metro? La scuola poetica anteriore aveva una chiarezza da rassomigliarsi ad un brodo diluito, diceva tutto: il Manzoni v'ha sostituita una precisione filosofica. Un epiteto fa ritratto, una parola compendia una vita: ha per carattere un'avarizia di parole, un odio dell'improprietà, della perifrasi, della circonlocuzione. Che cosa è questo? La morte della rettorica. Nella scuola del Monti vi è una sonorità che divien cantilena, che divien monotonia e finisce per addormentarvi. IL metro scelto dal Manzoni è la morte della cantilena. Per ottener la melodia bisogna cansar sdruccioli e tronchi. Manzoni in una stanza di dodici versi ha cumulati sei sdruccioli che non dànno riposo, che vi pingono avanti sinché, sempre sdrucciolando, non abbiate posa naturale nel tronco. La rapidità del ritmo non vi dà requie se non giungete d'un sol fiato all'ultimo verso. Qui è la bellezza e la difficoltà di questo metro. Il sesto verso debbe essere il principal verso della stanza; Manzoni l'ha saputo così ben padroneggiare ch'è impossibile ad un uditorio italiano il celar l'impressione ricevuta da questo sesto verso.
È sobrio di parole, inesaustamente ricco d'immagini e d'idee: ciascuna sua parola è gravida; integra e perfeziona le immagini con le idee che desta.
Queste sono le qualità del ritmo inventato da Manzoni. Quest'ode fece sorgere i Manzoniani e gli Antimanzoniani che chiamavano questa forma tedesca, come tutto ciò che non comprendevano.
Quest'ode è epica. Il poema epico è finito, ma nessuna forma artistica finisce assolutamente: sempre rimane alcunché dell'antica nella nuova forma.
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