Ciò che l'epopea ha di particolare, divien romanzo; ciò che ha di meraviglioso, ode. Il meraviglioso soprannaturale è terminato; rimane il meraviglioso umano. Manzoni ha voluto celebrare epicamente la grandezza di Napoleone.
L'introduzione è ammirata; si scinde dalle introduzioni volgari, vi mette in campo epico, vi spiega immense grandezze: Napoleone cadavere, e la moltitudine, l'Europa divenuta per istupore simile alla sua spoglia. Cosa le passa in mente? Non crede possibile la sua morte: ne rimane «attonita». Tutti gli uomini non esistevano innanzi a Napoleone, tutti non si occupavano che di lui, quando giunge la subitanea notizia della sua morte: come una percossa che vi ritira il sangue dalla faccia. «Ei fu», motto generale che la moltitudine non può applicare che a un solo uomo.
Questo paragone fra un cadavere ed una moltitudine «attonita» sarebbe ridicolo quando non fosse delicatamente trattato. Manzoni ha contrapposto il cadavere e la moltitudine, ma li ha caratterizzati distinguendoli; sentite che il cadavere è in questo stato per la morte, e la folla per lo stupore, grazie allo sviluppo dato dal poeta con brevi e gravidi epiteti.
Stette la spoglia immemore,
detto d'un uomo volgare, che non ha che ricordare, sarebbe ridicolo; qui, mentre mostra la spoglia giacente, vi fa lampeggiar tutta la sua vita passata; ed è commentato dal verso seguente:
Orba di tanto spiro.
Se ha rappresentato siffattamente il cadavere di Napoleone, quando de' dire «così» della moltitudine, lo sviluppo è differente.
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