Ha paura e teme al tempo stesso di mostrare di aver paura. Ecco l'«individuo». Vi si presenta in movimenti doppi, la paura e la dissimulazione. Vuol guardarli, ma non metterli in sospetto; egli guarda di sopra al libro spingendo lo sguardo in su per spiar le mosse di coloro; cerca di scappare senza mostrarlo e, girando le due dita intorno al collo, finge di accomodarsi il collare. Ecco l'originalità. Ma don Abbondio non è sempre lo stesso, non è monotono; ed ogni nuova combinazione vi dà in lui un nuovo individuo. Giunto a fronte dei bravi dice mentalmente: - Ci siamo - ; e rassegnato, riman lì fermo su due piedi. Passando una volta da Bologna, non dimenticherò mai che essendomi avvenuto di ragionare con uno scultore mio amico del «momento» della creazione artistica, del segreto dell'arte, che rende vane tutte le definizioni della scienza, egli mi diceva essere quel «momento» come se l'anima nostra punta gridasse: - Ah! - . Dopo, quell'ah! non si riproduce più. - Ebbene don Abbondio ha avuta la sua puntura, quando uno dei bravi minaccioso gli dice:
- Ella ha intenzione di sposare domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella! - .
E don Abbondio risponde: - Ah! - . Quando l'uomo dappoco è dinanzi ad una minaccia, si mette in difesa e senza accorgersene sceglie quel campo dove l'attira quello sguardo truce, e si pone inconsapevolmente in uno stato di inferiorità, talché il prepotente che minaccia si piglia per l'accusatore, mentre è lui stesso il reo. Così don Abbondio per difender sé e non offendere i bravi, ricorre ad un mezzo sì e ad un mezzo no:
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