» - . In questo «anche tu!» v'è don Rodrigo, il Cardinale, l'Innominato, Lucia, e la mula. «Anche tu!».
Nell'ultimo ritratto di don Abbondio vi è come qualche cosa di più in un personaggio esaurito. La sua storia finisce col redde rationem, cioè col dialogo col Cardinale. Qui vi sono due mondi contrarii. Il Cardinale è il sacrifizio delle passioni alla virtù; parla con esaltazione, ed il suo dire prende una forma oratoria ed anche di sermone. Ed ecco ad un tratto don Abbondio ne sente l'impressione: non l'osa dire a lui, ma lo dice a sé; forzato a parlare, gli esce qua e là qualche frase. Questa è una scena audace, è come far parlare Napoleone con Stenterello. Fra questi due mondi lontani, del sacrifizio e della paura, vi è un mondo di mezzo, vi sono i lettori, che io chiamerei temperatura media, ed allora avviene che quando il Cardinale parla ed il lettore sta per dire: - Basta! - , divertito dallo sproposito in che esce fuori don Abbondio, ride e si ravvicina al Cardinale con rispetto. In questa scena parlerebbero molto senza intentendersi mai; se non che il Cardinale colla sua penetrazione trova il lato debole di don Abbondio, che era un uomo buono quando non aveva paura. Don Abbondio ascolta quelle parole, le sente, e il suo dialogo col Borromeo è la sua vita. - Gli sposi sono sposati, ed egli ritorna alla sua quiete, divien buon compagnone e si permette di far dello spirito.
Eccovi la vita di don Abbondio narrata più che criticata. Alcuni lo dicono troppo analizzato e caricato, e [che] prende troppo posto in un romanzo morale come questo.
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