Ed il contenuto, la materia che doveva entrare in quelle forme? Potrei esprimere i pensieri di quel tempo in questa formola: datemi il che e vi darò il come - il che era l'ubi consistam; basta il che e sia qualunque, come fanno oggi i poeti improvvisatori.
Perciò i temi piú assurdi e piú sciocchi erano trattati con la stessa solennitá e pompa con cui Pietro Bembo recitava le sue dicerie e Monsignor della Casa le arringhe a Carlo V.
Come poté quest'atmosfera permanere in Italia fino alla prima metá del secolo XVIII? - Quando c'è un contenuto che agita il cervello ed è preso sul serio, presto o tardi straccia l'involucro viziato che ha attorno, e si fa valere, si fa vivo. Anche in quel tempo Machiavelli ed Ariosto poterono rappresentare gli elementi ancor vivi, nonostante quest'atmosfera.
Ma se c'è l'indifferenza del contenuto, se non c'è nulla di serio, la letteratura è una storia vuota di forme, e la storia letteraria italiana dal secolo XV al XVIII è storia della forma classica, che giunge all'ultima degenerazione coll'accademia e con l'Arcadia.
Nella seconda metá del secolo XVIII si presenta un fatto legato con altri fatti europei. Si comincia a sviluppare nello spirito italiano un nuovo contenuto, morale, religioso, democratico, politico, nazionale, fondato nella fratellanza umana opposta ai privilegi, nella rivendicazione di que' diritti che si dissero naturali perché basati sulla natura umana.
Direte: ecco il nuovo contenuto, ed ecco stracciata l'atmosfera classica. Non è cosí. Quando sorge un nuovo contenuto, lo spirito vi si travaglia e non può ancora aver agio di lavorare la forma in cui quello cala.
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