La giovane nel sotterraneo si vede appunto innanzi una fantasima avvolta in un lenzuolo lungo fino ai piedi, colle chiome ritte, gli occhi travolti, i muscoli gonfi. La sua immaginazione si esalta, quella lucerna gitta luce sulle mura intarsiate di cranii e di ossa, queste si animano, diventano persone vive che la circondano: le pare di esser morta, sepolta, e giunta nell'inferno.
Piena di queste fantasmagorie, rimane nel sotterraneo sino alla vigilia del giorno dei morti. La badessa ha risoluto farla monaca proprio quel giorno. Giunto il momento, la toglie dal sotterraneo, la fa rimettere in cella, cerca con carezze indurla a monacarsi. Alle corte, le dice, se vuoi che Rizzardo viva, tu devi pronunziare il giuramento solenne. Ildegonda, innanzi a questo terribile dilemma, risponde: sia fatto.
Viene il formidabile dí dei morti ch'è proprio il centro della novella, finora non avendo avuto che rapidi movimenti diluiti in descrizioni. Prima dell'alba le suore vanno nel cimitero del convento. Ildegonda, col capo pieno di quelle fantasie, appena giorno, sente la campana de' morti e va anch'ella al cimitero. Lá vede le mura intarsiate di cranii e di ossa, il pavimento biancheggia di sassi sepolcrali, le tombe risuonano sotto i passi. Assiste a tutte le cerimonie che il rito cristiano impone, sempre con lo spirito altrove. Le monache vanno in chiesa e la fanciulla rimane prostrata al suolo immersa nei suoi pensieri. Le si avvicina la suora amica, a cui il Grossi ha dato un nome gotico, Idelbene.
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Rizzardo Grossi Idelbene
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