Questa ha appena il tempo di dirle: non ti lasciar strappare il giuramento.
Vestono Ildegonda da sposa, la conducono in chiesa. La sua immaginazione č cosí sconvolta, che le pare di andare a nozze, cerca l'amante e non lo trova, le suore le sorridono per incorarla ed ella sorride. Al momento di dare il giuramento, sente il sacerdote che chiede: - Prometti tu a Dio di mantenere i tre voti, castitá, povertá, ubbidienza? - . Colpita da queste parole, comprende la realtá, e cade tramortita - non č, per altro, il primo svenimento.
Il rito č interrotto, le monache le vanno intorno, la portano in cella, dove solo dopo lunghi sforzi possono richiamarla ai sensi. Alla sera tornano nel cimitero. C'č un gran buco dietro di cui č il pulpito del predicatore, il quale cosí si sente ma non si vede. Il predicatore comincia a raccontare le piú spaventevoli visioni dell'altro mondo per atterrire le monache e indurle alla penitenza. Torna Ildegonda alla sua cella con le solite visioni in capo, nella mente le tornano le parole del predicatore, ricorda ciň che ha visto, la fantasima, i cranii: fuori imperversa la pioggia, ed ulula il gufo. I suoi occhi cadono sopra un vecchio libro contenente cronache di chiese, l'apre a caso. Trova un racconto di un morente assistito dal confessore. Mentre il sant'uomo assolveva il morente, il frate laico vedea sbucare una mano pelosa:
Scarnata, lunga lunga, nera nera,
Che calava calava minacciosa,
E respingea la consacrata stola,
E abbrancava il malato per la gola.
Il cimitero, le tombe, le cerimonie della chiesa, di nuovo il cimitero, la predica, la cronaca: tutti questi sono mezzi per rendere naturale a noi, lettori del secolo XIX, la visione che ebbe Ildegonda.
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Ildegonda Dio Ildegonda Ildegonda
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