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      Egli sentí, e bisogna lodarnelo, che non poteva giungere agli alti gradi dell'arte, spezzò la penna dell'artista e si fe' notaio, menando gli ultimi venti anni della sua vita in un'occupazione meno poetica, ma piú utile. E se i poetucoli posteriori avessero fatto cosí, non avremmo a perdere qualche mezz'ora per passarli in rassegna.
      Il Classicismo impiegò parecchi secoli per divenir vuota forma, il Romanticismo in Italia durò appena un quindici anni. Era qualcosa di vago, d'indefinito, corrispondente allo stato di accasciamento in cui si trovavano gli Italiani. Fuori erano Victor Hugo, gli Schlegel, Chateaubriand, altri che fecero grande impressione. In Italia, il Romanticismo si trasformò subito in maniera. E che cosa è la maniera? È pigliare il contenuto e la forma e mutarli in semplice colorito. La maniera classica era usar Giove e Venere e Apollo come colorito, senza nulla d'importante al di sotto. Tutti quei sentimenti fantastici, che poi ebbero tanta espressione nella musica, nel romanticismo italiano erano colore. Leggete le strenne che si pubblicavano allora al principio di ogni anno, e non vi sará canzone o sonetto in cui non troviate quel miscuglio di conventi, cimiteri, croci, angeli, visioni. Poi vennero le accademie. Sotto il dispotismo, quelli che non aveano forza di combattere, introdussero una nuova Arcadia; la scuola di Manzoni tralignata diventò vuota sonoritá, come meglio vedremo in seguito.
     
      [Roma, 23 e 24 dicembre 1872.]
     
     
     
      IV
     
      T. GROSSI E G. CARCANO
     
      Quarta lezione del prof.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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