Posa l'ostia della vita.
Prega allor, mia dolce suora,
Fior che il cielo in terra mise,
Che le nostre alme diviseRicongiunga l'ultim'ora!
Prega, e riedi alla tua sfera;
Patria questa a noi non era!
Sono gli slanci mistici d'un'anima che storce il guardo dalla terra, sta in comunione col cielo. La fanciulla legge, è naturale che si commova; ma si sente presa da arcano terrore, sente in sé una voce che non distingue, ma in cui si riassume tutto quell'arcano. Que' versi pare le annunzino la morte di suo fratello, e infatti, proprio a quell'ora, il vice-curato moriva. Bisognava penetrare in quel mistero dell'anima, in quel presentimento, analizzarlo. Invece l'autore è come uno che entri nella stanza: vede la fanciulla e non sa far altro che descriverne gli atteggiamenti.
«Batteva mezzanotte. Que' rintocchi sordi, prolungati, dell'ore le rispondevano fino all'anima, come il suono corto d'una campana d'agonia. Era sola, in mezzo a una luce fioca, moribonda, alla luce stanca, ondeggiante, della candela vicina a spegnersi; i suoi pensieri erravano dietro le incerte larve della fantasia, si facevan tutti di fosco colore; una tema assidua, indefinita, uno stringimento al cuore, strano, non provato mai, eran piú forti del suo coraggio. Fece pochi passi per accostarsi al letto, ch'era in un canto; ma non n'ebbe la lena, e tornò a sedere allo stesso luogo...»
Vedete tutto il ritratto dell'apparenza di quel di dentro, ma tutto ciò che la idealizza, tutto ciò che andava rappresentato, è lasciato indovinare a noi, appena intraveduto dall'autore dove dice che «i suoi pensieri erravano dietro le larve della fantasia». Sono que' pensieri che bisognava rivelare; tutta la vita interna che bisognava rappresentare.
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