Uscito alfin di cieco labirintoVive e respira il Trace
E veste umanitade e cortesia:
Libando va l'italica armoniaE nelle arti leggiadre, ecco, si piace.
Sciolte le donne infra i roseti ombrosiLevan serene i negri occhi amorosi.
Credo avervi detto abbastanza perché di quelle produzioni letterarie possiate giudicare da voi. Noterò a questo proposito una lacuna nelle storie letterarie. Di quelle nessuna sopravvive; ma la storia non guarda solo il genio immortale, ma anche i mediocri che danno ad esso il finito, e de' quali perciò non è inutile trattare. Cosí è a deplorare che non abbiamo un lavoro sul Campagna o sulla Guacci, quantunque fra i loro scritti vi sieno cose notevoli.
Passo a quello che piú deve richiamare la nostra attenzione, a quell'uomo eccellente che è - anzi devo dire era, perché ormai, ve lo dissi, vive vita peggiore della morte - -Saverio Baldacchini; poeta di transizione, tra i classici quello che aveva piú ingegno, sí che si vede in lui un accenno a nuovo indirizzo. Ricco, non rimase a stagnare in Napoli, viaggiò in Lombardia ed in Toscana, conobbe dappresso la scuola di Manzoni, era versato nella letteratura francese e tedesca. Ma la sua educazione era stata classica. In lui era del nuovo, per la coltura e per l'ingegno, dotato di una vena di malinconia e temperanza di modi che si adatta alla quiete della forma classica. Scrivendo, si trovava tra la forma classica e la manzoniana, sí che nel contenuto sentite il nuovo, nella forma è il vecchio.
Ho qui una sua poesia, che ha per titolo Pergolese, ma per soggetto Rosaura, fondata su ricordanze assai tenere, argomento capacissimo di poesia.
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