Ed eran meco nell'etade adultaE sono meco ancor. Tentai sovente
Cantar quei tempi e meditò la Musa
Le vicende dei forti. Erano moltiGli eroi del canto; il giovanil pensiero
Si confuse con quelli ed io fui vate,
Vate degli avi miei.
È il giovane calabrese tutto immedesimato con quella natura, quegli uomini, quei costumi. Domenico Mauro aveva scritto tre poemi, uno de' quali in dieci canti ritraeva la Calabria al tempo dell'occupazione francese. Al 48 dovette fuggire e lasciò le carte presso un suo amico, il quale, un giorno che fu visitato dai gendarmi, atterrito, le bruciò. Il Mauro conservò l'Errico, che fu stampato due volte.
Nel prologo avete veduto il fondo poetico e morale da cui il poeta trae le sue ispirazioni, in una forma sciolta, la quale talvolta cala fino al linguaggio familiare, ed è spesso vigorosa. L'Errico è tutto quel mondo calabro drammatizzato, e la sua forma è a quadri. L'autore racconta rapidamente gli antecedenti, poi, quando la situazione giunge al suo sviluppo drammatico, si ferma e fa un quadro ch'è conseguenza di tutta una narrazione. È dunque una galleria: dopo, questo genere entrò anche nel teatro, ed abbiamo quadri drammatici, come allora avemmo quadri storici.
Il Baldacchini fa un quadro quando il sentimento è tornato indietro e la figura può mostrarsi calma; il Mauro lo fa quando le passioni sono giunte a tal punto che han quasi sconvolta la natura; il primo come effetto cerca la quiete, l'altro l'agitazione.
Vi darò degli esempi.
Dapprima è una selva calabrese, ritratta con tinte locali, come il Carcano e il Grossi ritraevano il lago di Como.
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