E se guardiamo le parti di questi due poemetti, vi troviamo anche grande somiglianza.
Byron ispirava il Campagna, Dante ispirava il Campagna:
Il calavrese abate Gioacchino,
Di spirito profetico dotato.
Il motivo drammatico dell'Errico è una vendetta calabrese, vendetta contro l'adulterio e poi contro il creduto uccisore del figlio di Errico, temperata da grande generositá di carattere, annerita dalla ferocia de' briganti e raddolcita all'ultimo da quella donna tradita che perdona l'adultera, e la perdona perché Dio si mostri pietoso verso suo figlio, il quale ella sente dover abbandonare fra breve.
Nell'Abate Gioacchino è pure una vendetta calabrese; ma qui è una donna che si vendica, i colori sono piú truci. Costei vede suo marito pugnalato e giura vendetta contro l'uccisore, Ugone, e quando non può colpire lui perché scomparso, si vendica sul figliuolo innocente. Istrumenti passivi della sua passione fa i propri due figli, unico avanzo della sua famiglia, inducendoli ad uccidere il figlio di Ugone.
Il primo dei due, credendo colpire Eugenio - figlio di Ugone - trafigge il proprio fratello, ed accortosi dell'errore, cade morto di dolore su quel cadavere. Voleva la donna vendicarsi; - ha perduto il marito e perde i figli. Allora, nel colmo del dolore, l'assale il rimorso, comprende quanto atroce fosse il suo disegno di vendetta, va a far penitenza sulla montagna ove dimora l'abate, a lui si confessa piangendo, e Gioacchino le dice: se vuoi perdono da Dio, perdona l'uccisore di tuo marito.
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