Perciò il Campagna, anche raccontando fatti atrocissimi, ci lascia freddi: ve ne darò qualche pruova.
Quella donna che concepisce un odio cosí feroce contro l'uccisore di suo marito, deve amare il marito, l'odio dev'essere figlio di quell'amore. Il conte Ugolino sta co' denti sul capo del suo nemico, perché ama i figli, e ricordate con quali immagini potenti esprime Dante codesto amore. I particolari dell'amore qui non devono essere analizzati, perché l'autore non ha ingegno drammatico e vuole imitare Dante, ma in qualche immagine deve riassumerli. Ella dice:
Ei per me lieto, ed io lieta per lui,
E seco al giogo maritale unita,
Poscia un solo voler fu d'amendui.
Domando se questa terzina si può chiamare rappresentazione di un amore tanto possente che produrrá la vendetta feroce della donna. C'è un fraseggio che mostra qualche cosa di acuto, come quell'ei per me lieto, ed io lieta per lui, ma qui, e nel giogo maritale, e nel solo voler fu d'amendui, si vede non la donna, ma Giuseppe Campagna, uomo di spirito ed arguto.
I figli della donna non hanno esistenza, strumenti passivi in mano di lei. Il marito trucidato, in lei si sveglia il desiderio della vendetta:
Intanto io nel disir mi struggo ed ardoDi subita vendetta, a me sembrando
Che mal punisca chi punisce tardo.
È vendetta codesta? No, è il primo istinto di ogni uomo offeso, è il primo moto di chi, vedendosi innanzi un uomo morto, anche se estraneo a lui, corre addosso all'uccisore. Non è la vendetta fatta scopo di tutta la vita, che diventa il demone persecutore di chi vuol vendicarsi:
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