Il Florio, soavissima natura di uomo, amato molto da quanti hanno il piacere di conoscerlo, scrive una romanza di cui questo è il pensiero: quando ti amai, mi posi in seno un fiore, pensiero che torna sempre in quelle quattro o cinque stanze. Poi è una rosa la qual vuol persuadere all'amore, che rosa ed amore sono lo stesso, e qui rapporti cavillosi, strani, che ricordano il seicento:
Io tra le spine, nel dolor tu nasci;
Io d'umor, tu di lacrime ti pasci.
È facile vedere quel che di sottile o di vuoto è in questi concetti che sul principio fan certa impressione e, bene esaminati, mostrano sentimenti falsi. Che l'amore si pasca di lagrime è un modo di dire, ma che dell'umore si pasca la rosa è realtá.
Dire: io d'umore, tu di lagrime ti pasci, è paragonare, come cose reali, un fatto vero ed una metafora.
Uno di coloro che piú vagheggiavano queste cose idilliche, noto sopra tutto per le Ave Marie, ora uno de' migliori avvocati napoletani, era Leopoldo Tarantini. A questo modo scriveva anche Giuseppe del Re. Ma, sopra questi poeti idillici di secondo ordine, troviamo uno che meriterebbe tutta la nostra attenzione; è pittore specialmente della fanciullezza, di tutto ciò che quell'etá ha di grazioso, d'ingenuo, d'amabile - Pietro Paolo Parzanese.
Il Parzanese, i cui canti anche oggi sono popolari nelle scuole elementari, perché lí è l'uomo ancora estraneo alla vita, nella maggior correzione delle forme porta un vero sentimento, una immaginazione colpita dalle cose reali, immagini plastiche che fan balzare vivo dinanzi a voi ciò che vuole rappresentare.
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