Dirò che è povero di corde perché ha questa sola; ma dirò ancora che è veramente poeta.
Dovrei farvi, se ne avessi agio, una lezione apposta sul Parzanese e su Nicola Sole, ambedue di tal merito che dovrebbero essere apprezzati piú che nol sono. Sieno le mie parole stimolo per qualche valoroso che studiasse le opere di que' due.
Voglio darvi un piccol saggio del modo di scrivere del Parzanese. Sentite quel che prova una bell'anima innanzi ad una bambina:
Oh! quanta pace ti fa bello il visoCara immagin di Dio, bell'Angioletta!
Oh! come il labbro col gentil sorrisoTeneri baci avidamente aspetta!
Una soavitá di paradisoTi ride nell'ingenua pupilletta,
E quando chiudi al sonno il guardo amatoSomigli a un Cherubino addormentato!
Or ti adagi tra i gigli e tra le roseDella morbida tua culla innocente:
Né sai quante ore tristi ed angoscioseTi serba un avvenir duro, inclemente!
Oh! se le care tue luci amoroseUn bel morir chiudesse eternamente,
Inesperta de' gemiti e del duoloDal riso al Cielo spiegheresti il volo!
Certo, c'è il luogo comune; l'angioletta, il paradiso, il cherubino, ma è sommerso nella plasticitá delle immagini; e mentre ne' sonetti di cui v'ho parlato, la forma letteraria oscura il sentimento, qui l'immagine presa dal vivo oscura tutto ciò che è convenzionale. Quel viso tutto pace, quelle labbra che sorridendo pare attirino i baci, quell'andar di balzo dal riso terreno alla gioia del cielo; - quantunque quest'ultimo sia desiderio d'anima che non mostra un vero concetto della vita, perché nasciamo non come maledizione, ma come missione - sono tutti sentimenti ed immagini che innanzi alla fanciulla il poeta ha provato come può provarli un padre affettuoso.
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