Lui che voleva fare il classico, non s'accorge che, spinto dal suo fiele, esce in forma poco classica.
Il romanticismo napoletano ebbe pochissima durata, non ne uscí un uomo che potesse farlo rispettare, fu eco di letture straniere in gente che aveva velleitá e non ispirazione. Né vi fará maraviglia se vi dirò che quella febbre romantica durò soli quattro o cinque anni e fu appena rappresentata da due, Achille de Lauzières e Cesare Malpica. Non sapevano scrivere, non avevano coltura e credevano supplirvi col chiamarsi romantici e col tentare le piú esagerate situazioni. La loro leggerezza di sentire e concepire è tale, che merita ve ne dia esempii.
Achille de Lauzières ha scritto delle ottave in cui rappresenta i grandi classici italiani, Petrarca, Ariosto, Tasso. Che argomento per chi si avvicina a que' grandi con rispetto e vuole comprenderli e farli comprendere! Or vedete con che leggerezza abbozza quelle immagini il De Lauzières. Tasso! Non v'è individualitá piú poetica, piú capace di dare ispirazione a chi avesse favilla di poesia: il cattolico che si crede eretico, il genio che si crede ed è creduto pazzo, che aspira alla corona d'alloro, e, mentre stende la mano per averla, trova la morte: il giorno della sua gloria è l'ultimo suo giorno. E il De Lauzières a dire: - O giovani! guardate quell'uomo che ha un serto di alloro. Credete forse che perché si è italiani non bisogna studiare? Eppure quanto studio costò quel serto a Torquato Tasso. Ma l'invidia lo sfronda col suo dente.
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