Ora, veduto il modo come il Parzanese rappresenta la natura, che cosa è a base del suo mondo, che cosa nel mezzo e alla cima di esso, possiamo giudicare la sua forma poetica. E notate, non dico le forme, perché come il contenuto è uno, la forma deve essere una.
La forma del Parzanese non può rappresentare l'immobilitá classica, perché comunque puerile sia l'immaginazione e l'intelligenza del popolo, c'è pure quel movimento per cui dal villaggio, per mezzo della natura, si va al cielo. Quel profondo riposo classico non si trova nel Parzanese, e neppure il movimento impetuoso e concitato che rappresenta il lavoro, la miseria, il dolore in ciò ch'è piú strano; perché l'immagine d'una bella patria futura spira dolcezza e consolazione lí in mezzo.
Non c'è neppure quel movimento panteistico e mistico che abbiam notato nei lirici francesi, perché, quando si rappresenta la natura come dotata di un moto frammentario, se cosí posso dire, priva della sua esistenza personale, ridotta a calore, profumo, raggio, si ha la dissoluzione delle forme, queste perdono il valore proprio che hanno nella natura, e ciascuna da un oggetto si può applicare ad un altro, nascendo cosí la poesia a rapporti ed antitesi che notate specialmente in Victor Hugo. Ora questo moto che ci strappa dal concreto e dal determinato, trasportandoci sulle sponde del vago, dell'indefinito, di una natura ancora in fermentazione, tutto questo misticismo romantico francese e tedesco, è assente dalla forma del Parzanese. In lui la natura si presenta con situazioni semplici e non sviluppate, le quali sono come l'andare e venire di un'onda marina: ora l'onda dal cielo scende al villaggio, ora dal villaggio sale al cielo.
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