Era la voce di un esule il quale, mentre in Italia dominavano opinioni di decadenza e sfiducia, tentava rialzare gli animi, sostenendo che questa terra, maestra una volta delle genti, doveva ripigliare il suo antico posto. Come sapete, Gioberti andava a cercare le origini della civiltá italiana ne' Pelasghi, ne' Tirreni, nella Magna Grecia. Per lui Pitagora era il primo che, astro solitario nel cielo pagano, aveva presentito il cristianesimo. La civiltá cristiana seguě la greco-latina; ed egli chiamava decadenza quello che generalmente era detto civiltá, cioč la civiltá protestante, chiamava progresso quello che appariva decadenza, il cattolicismo. Divise gli uomini in due parti, ortodossi ed eterodossi, cattolici ed acattolici.
Immaginate che impressione queste idee produssero in Italia, specialmente perché s'era levato un altro astro sull'orizzonte, Pio IX che prometteva avviarsi alla conciliazione tra le fede e la scienza, tra l'immobilitá e la libertá. Or prendete un giovane a ventisei anni, pieno d'immaginazione, ricco di forme poetiche come Niccola Sole, mettetelo in quell'atmosfera, fatelo navigare pel mar Jonio, e non vi sará difficile comprendere tutta la folla di memorie e di dolori che dovč assalirlo. Navigava lí onde si vedono i monti calabresi e lucani, que' luoghi che Gioberti celebrava come culla della civiltá europea. Potete indovinare le sue rimembranze, richiamandovi a mente le idee del Gioberti ed innestandole nell'emozione del poeta. Qui abitarono i Tirreni, qui vennero i Pelasghi, aurora della civiltá, qui fu la Magna Grecia, sede del sapere italo-greco.
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