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      E prima di tutto abbiamo innanzi come punto culminante la forma prodotta dal Manzoni, i suoi Inni, il Cinque maggio, la tragedia storica, il romanzo storico.
      Che cosa si č continuato di quel mondo? Che cosa č rimasto vivo, permanente, immortale? In ogni lavoro di arte c'č una parte la quale non muore, ed č la forma che l'artista dá al contenuto. Quella forma non si puň ripristinare, sfugge agl'imitatori, non č materiale di scuola: lí č la grandezza inimitabile di uno scrittore. Voler lodare o biasimare il Manzoni per avere scelto questo o quel contenuto, sarebbe puerile, perché la scelta del contenuto č fatale, appartiene all'ordine stesso della civiltá umana e si fa la scelta sotto la pressione dell'ambiente esterno, della educazione ricevuta, dello stato della civiltá in un dato tempo; č quello un segno esteriore della vita in mezzo alla quale si trova l'autore. E adirarsi o congratularsi col Manzoni per aver pigliato quel contenuto, č come adirarsi o congratularsi con l'ordine stesso delle cose.
      Dov'č la grandezza di lui, sí che decompostosi il contenuto, il libro rimane immortale accanto ai capilavori dell'arte?
      Č in ciň che proprio č suo, inaccessibile agli imitatori, nella finezza psicologica, nell'armonia delle sue facoltá, nell'evidenza e plasticitá della rappresentazione, in quell'alta ironia, in quel profondo senso del reale, nella sua idealitá. Tutto questo rimane come l'aureola del genio, incomunicabile. Se dal lavoro togliete ciň che č geniale e personale, rimane la materia astratta, il contenuto privo de' suoi elementi formali, e quel ch'č stato continuato dopo Manzoni non č la sua forma, ma la materia separata dalla forma che Manzoni le aveva data.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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