I piú codardi minacciavano gittar lui dalle finestre ai latranti di sotto; i migliori volevano s'indugiasse; gli animosi mettevano innanzi l'onore dell'arme francesi: i prudenti rispondevano, qui cedersi al numero, non al valore, altrove espierebbero questa e altre macchie in Fiorenza contratte; la vita esser lunga, e un dí di battaglia ad anima di soldato esser buono lavacro. Vinse il partito de' prudenti; tornarono al duca dodici de' principali e spronavano. Egli sempre meno restío, ricalcitrava pure: ond'uno di quelli, rompendo alla fine ogni ritegno, posta la mano sul pomo della spada, e porgendo l'altra fin sotto il viso di Gualtieri: - È oramai tempo di scegliere: o la testa dei tre, sire duca, o la vostra.
- Che di' tu? - esclamò egli, ritraendosi inorridito quasi dal tocco d'una serpe.
- Io dico il voler mio, e il volere de' trecento raccolti qui fuori.
E i trecento a una voce: Vogliamo. E picchiavano con le lance chi il suolo e chi l'armi».
È stile moderno questo? È la forma diretta e popolare del Manzoni? Ci vedete reminiscenze del Davanzati, anzi bisogna tornare piú indietro, reminiscenze di Dino Compagni. Con questa differenza che Dino nel 300 doveva scrivere a quel modo, perché la vita in quello stato, non ancora adulta, era ancora tutta fuori. Pure, sotto quella concisione di Dino quante cose sentite muoversi; la sinceritá dell'autore, la maraviglia, la compassione, lo sdegno: e ciò lo rende eloquente. Perché la concisione del Tommaseo vi lascia freddi? Perché non sentite dietro di essa né autore né attori.
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