Non ci vuol gran fantasia per figurarsi trecento soldati che penetrano adirati nella stanza del loro capitano, le passioni che li muovono, ciò che si agita nel cuore del capitano, e sentite cosí ciò che di magro e di stecchito è nello stile del Tommaseo. È evidente, quand'egli scriveva, aveva innanzi il trecento. Ma quel modo di scrivere proprio di quel tempo, se lo trasportate nei tempi moderni, diventa artificiale.
Non dirò che tutti i lavori letterarii del Tommaseo sieno cosí artificiali e stecchiti. Piú tardi ha sentito di piú la vicinanza del popolo, gli avvenimenti hanno allargato il suo orizzonte. Si sente nel suo stile un po' piú di abbondanza, un certo calore di affetto e, se posso dire cosí, una certa unzione sincera. Perché, bisogna non dimenticarlo, Niccolò Tommaseo non solo è scrittore ma grande patriota, fu il difensore di Venezia con Daniele Manin, la sua vita di emigrato a Parigi fu esemplare e piú degna ancora è la vita presente. Quasi emigrato volontario, vecchio e cieco, si ostina a vivere del suo lavoro, rigettando favori, doni, offerte governative. Tutto questo è nobile, è bello, e ne troviamo traccia in una certa sinceritá ed unzione ne' suoi lavori, specialmente quando parla di affetti e di morale.
Gli scrittori o toccano la sommitá o c'è un fato che li raggiunge tutti: brillano per poco, poi vanno a raggiungere le acque di Lete. Ciò che rimarrá del Tommaseo non sono questi tentativi artistici. Egli ha solide qualitá. Uomo di molta coltura, non precisamente moderna, perché gli è estraneo tutto il movimento del secolo XIX, specialmente in Germania; ma tutta la coltura classica e moderna fino al secolo XVIII, se l'ha appropriata: conosce i tedeschi che conosceva Foscolo, quelli cioè che erano noti in Italia quando Tommaseo fece le sue prime prove letterarie.
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