Si comprende perché Cantú credeva tanto efficace la censura: parlava sotto l'impressione della polizia austriaca, oggi direbbe altrimenti. Ma, intanto, vedete come la storia, concepita con sí grandi proporzioni, s'impicciolisce per la difesa d'idee preconcette; alle cause generali e collettive sono sostituite cause speciali e ristrette. Perché la Riforma non potè esser doma in Germania? Perché non potè vincere in Italia? Per passioni di principi e di papi, risponde il Cantú. È un ritorno alla storia come la scrivevano Machiavelli e Guicciardini; però questi, specialmente il primo, guardano la storia da un punto piú alto, cui non arriva il Cantú.
Quale fu il discorso piú notevole al Concilio tridentino? Quello del Laynez, generale dei gesuiti. Ed a che tendeva quel discorso? Ad innalzare la potenza papale sui vescovi, e conteneva in germe quel dogma che nell'ultimo concilio, dopo tre secoli, per la pertinacia dei gesuiti è stato riconosciuto e proclamato. E quel fatto fu il maggiore fra quanti ne compié il Concilio di Trento. - Come potete conciliare questo modo di trattare la storia, giustificando la onnipotenza papale ed il sillabo con le frasi pompose di libertá ecc.?
Paolo Sarpi, prima di Manzoni, tentò lo stesso problema. Voleva ricostituire la Chiesa sulle sue basi primitive e non si fermò alla sua Storia del Concilio di Trento, scese nel campo dell'azione. Ricordate quel motto celebre: Conosco lo stile della curia di Roma. Or se c'è figura storica che al Cantú dovrebb'essere simpatica, se fosse cattolico liberale davvero, è appunto quella del Sarpi che tre secoli fa levava la stessa bandiera.
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