Bisogna scriver libri, non per cercar fama ma per far quattrini. Provatevi a comporre un libro serio e vi rimetterete le spese, date fuori un libro scolastico e vi arricchirete.
I libri del Cantú posteriori alla Storia Universale sono come gli ultimi romanzi di Giorgio Sand, lavori fatti per necessitá, per tirare innanzi la vita. E ciò, mentre onora un uomo cosí laborioso, pur deve rattristare.
Ora possiamo vedere piú facilmente in che modo egli concepisce l'arte. Vi dissi che la critica del Tommaseo fu spinta dal Cantú alle sue ultime e piú assolute conseguenze. Lo storico ed il critico sembrano in lui due uomini differenti, e non è cosí. Nella storia ha preso un contenuto storico, lo ha diluito in moltissimi capitoli e invece di cercare in questi il criterio per giudicare del contenuto, l'ha cercato in idee sue preconcette. Quando Cantú parla di religione, di arte, di economia, d'istituzioni politiche e sociali, immaginate che cerca lí la spiegazione degli avvenimenti e non ne fa nulla. Il contenuto storico è astratto dal materiale storico, giudicato secondo criterii subbiettivi.
Cosí fa la critica. Separa il contenuto artistico dalla sua forma, la quale per lui è la lingua, la frase, lo stile; e siccome ce l'ha co' pedanti, non si briga piú che tanto della forma cosí intesa. L'importante è il contenuto, lo analizza come puro pensiero e quando lo trova contrario alle sue idee, al suo modo di vedere e di sentire, lo scomunica e scomunica l'artista che l'ha trattato.
È lo stesso sistema del Tommaseo, il quale dice che la bellezza è il vero.
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