Nel secolo XVIII era esagerazione - come nella storia universale di Voltaire - non tener conto del cattolicismo, confondendolo coll'inquisizione e col gesuitismo, e parlare di queste istituzioni solo con ironia e sarcasmo. Quando apro la Storia della civiltá del Guizot e altri libri informati dalle stesse idee di Manzoni, trovo l'esagerazione corretta: vi si dá posto legittimo al cattolicismo, al monacato, al papato che pure hanno avuto la loro influenza sulla civiltá, e vi si dá posto legittimo alla riforma. Questo spirito di moderazione manca al Cantú, il quale glorifica tutto ciň ch'č cattolico, la censura, l'inquisizione, ed č sempre armato contro tutto ciň che sa di moderno, giustifica e pallia tutto ciň che appartiene al passato, al Medioevo.
Soverchiato da' tempi, da un indirizzo piú energico nella coltura italiana, Manzoni depose la penna, Tommaso Grossi di poeta si fece notaio, la scuola finí in vacuo sentimentalismo. Il Cantú rimase sulla breccia e, mentre sminuzzava la storia in compendi, si volse alla letteratura popolare.
Č questa un merito del secolo XIX? No, č la maggior gloria di quel secolo contro cui il nostro ha reagito troppo a lungo, del secolo XVIII; il quale non č tanto da celebrarsi per aver fatto dare un passo alla coltura, quanto per averla voluta diffondere nelle classi borghesi. Č stato bene osservato che il secolo XVIII era superficiale; ma si badň meno alla profonditá, piú all'estensione delle conoscenze. Sapete l'Enciclopedia, sapete che la letteratura, anche la tragedia e la commedia fu arma di propaganda.
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