Il problema fu di trovare il metodo piú breve per cancellare l'analfabetismo, ed un libro che istruisse ed educasse. Cesare Cantú entrò in questo movimento e scrisse fin dal 1836 tre libri, uno pel Fanciullo, un altro pel Giovinetto, il terzo pel Galantuomo. Aggiunse altri come esempi, l'Omobono delle parabole, il Carlambrogio da Montevecchia. E negli ultimi tempi, ripigliando l'antica bandiera, ha pubblicato un altro volume, Buon senso e buon cuore, che contiene conferenze, prediche, discorsi per uso del popolo.
Questi libri hanno avuto grande successo, di ciascuno si son fatte quindici o venti edizioni, sono stati stampati in tutte le parti d'Italia. Chi guarda le qualitá esteriori, vede che quel successo era meritato.
Immaginate quella benedetta prosa italiana cosí pesante, cosí piena del trecento e del cinquecento, cosí lontana dalle classi popolari; mettete invece di essa un italiano corrente che, mentre nel secolo passato si accostava al francese, ora si accosta al toscano; aggiungete abolizione intera delle superfluitá che costituivano la forma accademica, facilitá e fluiditá dell'espressione; - e vi spiegate perché il problema di presentare al popolo un libro intelligibile pareva risoluto. Il Lambruschini, il Taverna, il Parravicini hanno scritto libri di lettura troppo aridi pel popolo, troppo uniformi, destituiti d'immaginazione, in lingua poco precisa. Rimanendo entro questi limiti, pare che il Cantú abbia dato all'Italia un libro popolare come l'hanno tutt'i paesi civili.
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