Ma per quanto egli faccia, non gli è possibile andar contro a quel tale buon senso di cui parla cosí spesso e non far sentire ai giovani quello che sentono. C'è il grande e c'è il piccolo, c'è il povero ed il ricco, chi comanda e chi ubbidisce, chi fa giustizia e chi violenza. Quale rimedio date a quelli che non si trovano ad agio nella loro posizione sociale? Un rimedio astratto: - consolatevi, innanzi a Dio tutti siamo eguali e liberi; ed il Cantú dimostra a lungo questa eguaglianza e libertá di tutto il genere umano. E vuol persuadere che se c'è male in basso, ce ne sono peggiori in alto, e perciò v'ha compenso, e ognuno deve stare dove Dio l'ha messo, altrimenti c'è pericolo di aver le ossa rotte. Leggete questo curioso argomento nel suo Carlambrogio. Questi è un brav'uomo, negoziante che racconta aver visto una volta una processione di principi e signori e ufficiali dalle lucenti spalline e prelati. A quella vista egli pensava: io devo star cosí giú! Ed aggiunge:
«A noi, Carlambrogio! smetti il pensiero di fare il passo piú lungo della gamba, rischieresti di fiaccarti il collo. La societá è fatta a piramide: le fila in alto sono strette strette e non danno posto che a ben pochi: questi vi si accalcano, vi stanno mal agiati, spesso uno forbotta l'altro, e chi vuol arrivarvi dal basso, arrischia di sfracellarsi. Giú dai piedi al contrario v'è posto per tutti, si hanno i gomiti sicuri, si può distendersi liberamente, chi piú chi meno, secondo la corporatura di ciascuno».
Dunque, se non vi contentate, siete proprio incontentabili, se giú c'è del male, pensate che anche lassú ce n'è, e forse peggiore.
| |
Dio Cantú Dio Carlambrogio Carlambrogio
|