Quale indirizzo morale nasce da questa posizione in cui il Cantú vuol mettere i giovani? Poiché bisogna che ciascuno stia al posto che gli è stato assegnato e le distinzioni sociali non si possono cambiare, quando ricevete un sopruso, un'offesa, vi trovate contro un'ingiustizia, che cosa farete? Cantú risponde: mansuetudine, umiltá, preghiera, perdono, porgere l'altra guancia a chi vi ha battuto, rassegnazione, - tutte le virtú che costituiscono il corteggio dell'ideale cristiano. Inutile dirvi che tutt'i suoi libri sono la glorificazione di queste virtú.
Ma dunque, domanderete, non sono virtú? Certo, sono. Chi può negare che siano virtú l'umiltá, la modestia, la temperanza, la continenza, la rinunzia a' piaceri, l'abnegazione, il sacrifizio di sé? Chi può negare la dolce influenza che ha la preghiera? Ma, notate, se vogliamo venire a distinguere nel contenuto manzoniano la parte vera: innanzi tutto il difetto di queste virtú è di essere eroiche, freno continuo di tutto ciò che è bisogno, passione, impeto naturale. Tutte sono virtú; ma in grado eminente. Una volta formavamo i giovani con l'esempio di Regolo e di Catone, con virtú politiche spinte fino all'eroismo che a poco a poco finivano col diventare semplice ideale di scuola senza applicazione nella vita.
Se presentate ora come modelli San Luigi Gonzaga, San Carlo Borromeo, Sant'Alessio, e quelle virtú son rimedio a tutto, e insegnate a non sentir le offese, i bisogni, la fame stessa, formate tale ideale che quando i giovani entreranno nella vita reale, - meno quelli predestinati alla santitá ed all'eroismo, che sono piccolissimo numero, - si avvezzeranno al peggiore de' mali che possa soffrire un popolo, a distinguere la scuola dalla vita, quello che hanno imparato in astratto da quel che si fa realmente, si faranno ipocriti.
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