Gli manca anzi tutto una coerenza morale, perché mentre glorifica il cattolicismo, non vuol perdere la reputazione di scienziato, e c'è un va e vieni di scienza e di religione. Mentre predica e difende il gesuitismo e l'inquisizione e il rispetto incondizionato al governo, qualunque ne sia la forma, non vuol perdere la reputazione di un uomo liberale. Perciò, ora dice che bisogna rimanere nel proprio stato, ora parla di dignitá umana e di quello che si attribuisce alla Rivoluzione francese, - e secondo lui dovrebbesi attribuire al Vangelo - come della fine della nobiltá e di altri cangiamenti avvenuti per mezzo della Rivoluzione. Nel fatto, vuole l'uomo rispettoso, umile, di natura piú pecorina che umana.
L'incoerenza morale porta con sé l'incoerenza intellettuale e se aggiungete la fretta con cui scrive, sentendovisi quasi la pressione del bisogno, e la mancanza di rilievo, qualitá importante nei libri popolari; se per l'idea potrebbe rappresentare un'esagerazione degna di nota, pel modo come tratta quell'idea, non può occupare un posto importante nella storia letteraria.
Credo aver detto abbastanza del Cantú. Altri piú generosi presero la stessa idea e si avvicinarono al mondo moderno. È storia gloriosa d'una eletta schiera di uomini: lá incontreremo Rosmini, Gioberti, Cesare Balbo, D'Azeglio, quelli che si dettero al romanzo storico; in essi studieremo l'ultimo passo della scuola manzoniana.
[Roma, 11 e 12 aprile 1873.]
XVII
ANTONIO ROSMINI
Decimasettima lezione del prof. Francesco De Sanctis.
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