Essi dissero: il cristianesimo fu un bene per la civiltá quando, trovandosi dirimpetto le forze barbare e violente che invadevano l'impero romano, predicò l'umiltá, la pace, l'obbedienza, la disciplina, il perdono. Fu in certo modo lo strumento per cui a poco a poco, in mezzo a tanto disordine, si giunse ad una relativa mitezza di costumi. La civiltá, nel senso piú generoso della parola, è costumi sempre piú miti, repressione delle forze violente. - Credettero quindi ricondurne la scuola a quel tipo, e che nel secolo XIX fosse utile ciò che avea prodotto tanto bene ne' primi tempi del cristianesimo, predicare un complesso d'idee che valessero a mitigare i costumi, a rendere gli animi pazienti, disciplinati, disposti alla obbedienza.
Qui, parmi, fu il loro errore. Sbagliarono il tempo, volendo riuscire a certi risultati, riuscirono ad altri opposti. Se posso dir cosí, presero il problema a rovescio. Si concepisce nei tempi barbari un'educazione che facesse appello piú alla pazienza ed alla moderazione che alla gagliardia ed alla forza, perché il male è appunto l'eccesso della forza. In mezzo a popolazioni giovani e vigorose, non sottoposte ad alcun freno stabile, si comprende quanto bene faccia una religione che, ad oppressi e ad oppressori presenta immagini di pace, di umiltá, raccomanda la preghiera, parla d'un'altra vita, agli uni come di una minaccia, agli altri come di una ricompensa. Ma che cosa era il secolo XIX? Che era esso in Italia, perché in Italia dobbiamo vedere la convenienza di siffatta educazione?
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