Quando Manzoni andò a Parigi, dominava la tendenza teologica, la reazione pura, legittimista. Il movimento ora era divenuto filosofico; a Schlegel erano succeduti Schelling, Hegel, Cousin: si usciva dalle pure regioni metafisiche, si penetrava nelle questioni politiche e sociali. Augusto Comte giá alzava la bandiera del positivismo, Saint-Simon, Fourier, Louis Blanc, il Sue artisticamente trattavano questioni sociali; la scienza pura, astratta cedeva il posto alla scienza applicata. Il movimento era al tempo stesso filosofico, politico, sociale: lá dobbiamo rintracciare il posto che spetta al Gioberti.
Prendiamo innanzi tutto il filosofo. Avvolto in quell'atmosfera, cominciò a maturare le sue idee, esposte nei Prolegomeni, nell'Introduzione alla filosofia, nel Primato. Che c'è di europeo? Che vi rimane di quell'attivitá estranea all'Italia? Che c'è di originale, di suo?
In quel tempo tutta la filosofia, sotto il punto di vista negativo e polemico, aveva un solo colore: era battaglia contro il sensismo, diventò poi lotta contro la stessa psicologia. Principalmente furono segni al bersaglio Locke e Condillac, piú tardi si andò fino a Cartesio che diventò il primo peccatore, l'autore della riforma, il padre della filosofia moderna finita al sensismo. Quindi dispregio verso gli psicologi ed i sensisti, guerra accanita a Cartesio ed ai suoi seguaci, vituperati come empirici. Capite che questa polemica non si volgeva solo contro la teoria cartesiana, ma anche contro il metodo cartesiano - cioè contro l'analisi e l'induzione cui si dà oggi tanto valore, contro l'esperienza e la riflessione sulle cose sperimentate.
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