Stabilito che l'uomo č dotato d'intuito, cioč della visione diretta dell'Ente creatore, la quale non vi aggiunge nulla di suo - mentre la ragione vi aggiungeva il raziocinio - e che perciň l'Ente rimane obbiettivo, assoluto; - il Gioberti ha l'illusione che questa filosofia sia nuova e, sopra tutto, italiana, anzi privilegio d'Italia. Grida perciň contro gl'imitatori de' forestieri, contro la filosofia forestiera, dimenticando quale influenza essa ebbe su lui e sulla sua dottrina.
E cosa fa? Comincia da un'ipotesi: - gl'Italiani discendono dagli antichi italo-pelasgi; Pitagora ebbe appunto quella dottrina, a modo suo; imitata poi e allargata da Platone.
Il cattolicismo che venne dopo č quella grande facoltá dell'ideale, la visione dell'ente lumeggiata e presentata come centro della civiltá. La riforma č un parto spurio di Cartesio; le sette filosofiche venute dopo, sostennero grandi errori, deviarono di molto. Ma l'Italia fu la sola nazione che si tenesse ferma sul terreno del cattolicismo, sul terreno dell'ideale: Bruno, Vico mantennero la tradizione pitagorica. Ma perché solo l'Italia serbň quella dottrina? Come la provvidenza ha attribuito al Gioberti la missione di diffondere la dottrina stessa - com'egli finí col credere - cosí l'Italia ebbe la missione di essere la terra dell'ideale, della sintesi, dell'intuizione chiara e diretta. Perciň essa ebbe il primato con i Romani, poi il primato nel medioevo, e lo riavrá sulle genti europee se sará fedele alla sua dottrina.
Com'io vi parlo freddamente di queste cose, cosí freddamente voi le udite: il primo entusiasmo č stato cancellato dagli anni e voi vedete quel che di gratuito e di eccessivo č in tutta questa ipotesi.
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