Gli mancava la forza d'animo di resistere anche alla corrente popolare, e quando volle fare qualche cosa di simile, sbagliò il momento e dové lasciare il Piemonte.
Quando il Primato giunse in Piemonte, fece piacere senza dubbio, alla scuola piemontese che vedeva il suo programma stabilito su basi cosí larghe. Ma c'era un punto nero. Essi volevano indurre gl'Italiani a cacciare lo straniero, Gioberti, cominciava col papa, col moto intellettivo, educativo, colle riforme e all'ultimo metteva il moto per l'indipendenza, che per essi era il porro unum necessarium. Il programma cosí trattato parve troppo lungo, con base troppo larga. Sorse allora un uomo di Stato piemontese, e, come sogliono fare i ministri e le maggioranze pratiche, fece del programma come d'un dramma, cercò accorciarlo, ordinarlo, adattarlo alle circostanze, lo capovolse mettendo prima il porro unum necessarium. Capite che parlo di Cesare Balbo e delle sue Speranze d'Italia. Dirò di lui nell'altra lezione.
[Roma, 4 e 5 maggio 1873.]
XX
CESARE BALBO
Ventesima lezione del prof. Francesco De Sanctis.
Rosmini e Gioberti furono i filosofi di quella scuola della quale Cesare Balbo doveva essere lo scrittore politico e lo storico. L'uno, Rosmini, lo vedete insieme con Manzoni apparire al principio del movimento cattolico, l'altro, Gioberti, nella confusione del movimento, prima che giungesse l'istante dell'azione.
L'uno ricorda il 1815, l'altro il 1840. Di qui le differenze tra i due scrittori: è lo stesso movimento che tra i furori della reazione comincia come destra e va a finire come sinistra.
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