Il libro di Cesare Balbo in fondo č la diffidenza nella forza nazionale ed individuale, il ricorrere a sotterfugi abili, a transazioni. Comprendete che cosí, a poco a poco, si stempra il carattere. Balbo voleva che il papato non fosse tocco. Al 1848, rimasto costituzionale il Piemonte, egli e d'Azeglio che aveva le stesse idee erano al potere: intanto alla Repubblica francese succedette l'impero; ed essi che dicevano? Facciamoci piccoli, non ci facciamo avvertire, pacifichiamoci co' clericali, iniziamo una politica di conciliazione.
Si vede il dottrinario che vuole stare troppo ai principii.
Invece Cavour che in fondo era della stessa scuola, ma aveva la chiara vista delle situazioni, cominciato stando a destra, quando l'impero si stabilisce in Francia, si avvicina a sinistra lasciando a destra Balbo e d'Azeglio. Ed inizia una politica ardita con la celebre abolizione del foro ecclesiastico e del matrimonio religioso, appoggiato dalla sinistra piemontese e dal Rattazzi. Mantiene alta la confidenza del Piemonte in sé stesso, lo fa concorrere, anzi desiderare in grandi imprese.
Cesare Balbo č dottrinario e se posso dir cosí meccanico, dá troppa importanza alla forma esteriore e meccanica, senza sapere che sotto quella sono uomini, interessi, passioni che presto o tardi rompono l'involucro e producono altri fenomeni nella storia. L'esagerazione nel volere la conciliazione produce debolezza nel carattere, lo star troppo alla forma rende spesso pedanteschi i giudizii.
In Balbo sopratutto riconoscete lo storico, il politico della scuola piemontese.
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